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Stop alle raccolte fondi su Meta
Meta ha comunicato la chiusura della funzionalità di raccolta fondi avviate dagli utenti a partire dal prossimo 1 luglio. Si tratta di una notizia inattesa, ma non del tutto sorprendente.
Da tempo quando un cliente chiedeva di fare una campagna di personal fundraising spingevo sulla creazione di una landing page sul sito e non su una raccolta interna a Facebook.
7 miliardi in 9 anni a favore del no profit
L’avvento di Facebook ha amplificato la possibilità di mantenere contatti con persone lontane nel tempo e nello spazio. Nei primi anni non mancavano appelli per ritrovare compagni di classe o di leva, amici d’infanzia o persone conosciute durante i periodi di villeggiatura. Ciò ha permesso nel corso del tempo di costruire reti di contatti che aprivano piccole finestre sulle vite anche di chi non si aveva modo (o tempo) di frequentare come i propri amici più stretti.
La possibilità di avviare una raccolta fondi in occasione del proprio compleanno è stata – almeno al suo esordio nel 2015 – l’occasione per ingaggiare la propria mappa relazionale, dando l’opportunità a chi lo desiderava di contribuire con un piccolo gesto a dimostrare la propria vicinanza a un contatto a cui ci si sentiva in qualche misura legati, contribuendo ad una buona causa.
Un coinvolgimento a più livelli che soprattutto nei propri anni si è dimostrato uno strumento efficace, pronto a reagire anche nel momento di difficoltà della pandemia dove tutti i social hanno fatto importanti passi in avanti nell’offrire strumenti di fundraising e in particolare di personal fundraising. Nei 9 anni in cui la funzionalità è stata attiva Meta – attraverso Facebook e Instagram – ha raccolto globalmente 7 miliardi di dollari (equivalenti a 6,45 miliardi di euro circa).
Non sono state comunicate le motivazioni della scelta di chiudere questo servizio, peraltro se si considera che la decisione riguarda esclusivamente lo spazio economico europeo. Non è difficile immaginare che la procedura di raccolta e conservazione dei dati sensibili che si accompagna ad ogni raccolta fondi sia complessa da gestire per Meta alla luce del GDPR.
Quali prospettive per il no profit?
Sicuramente la notizia è un duro colpo per le piccole organizzazioni che potevano sfruttare questo strumento in modo efficace. Avere un forte radicamento territoriale ed essere legate a persone conosciute e stimate nella comunità permetteva di creare campagne di personal fundraising efficaci rispetto a fabbisogni contenuti. Inoltre, la gestione interna a Meta del processo di pagamento e della raccolta dati sollevava le piccole organizzazioni dai complessi adempimenti normativi previsti dal GDPR e dai costi di dotare il proprio sito internet – di cui molte sono sprovviste – di un proprio modulo di donazione.
Quando l’organizzazione supera una certa dimensione, lo strumento offerto da Meta mostrava fin da subito i suoi limiti nell’ambito di una strategia di fundraising diversificata. La facilità della donazione (pochi clic, campi che si compilano automaticamente, etc) si bilanciava con i pochi dati che era possibile ottenere sui benefattori. Risultava inoltre difficile integrare la raccolta su Facebook con quella su altri canali, come il sito, e in un funnel di ringraziamento e avvicinamento alla buona causa.
Inoltre, il rallentamento di Facebook aveva colpito anche questa funzionalità, riducendo il successo delle campagne, la loro diffusione e nel complesso gli importi raccolti.
Nella categoria delle medie e grandi dimensioni a subire il contraccolpo saranno soprattutto le organizzazioni che fondavano parte del proprio successo in questo campo grazie alla facilità di intraprendere una campagna di personal fundraising. Un brand forte e una buona causa vicina a molte persone (ad esempio la cura e la ricerca sul cancro) hanno favorito il successo di campagne di questo tipo che, seppur puntassero ad obiettivi economici contenuti, nel loro insieme potevano rappresentare un’entrata interessante per l’organizzazione.
Ed ora?
Per il futuro Meta ha dichiarato l’intenzione di implementare nuovi strumenti a sostegno del no profit, come un pulsante “dona ora” che rinvii non ad un sistema di raccolta interno alla piattaforma ma direttamente al sito dell’organizzazione, ma non vi sono altre prospettive all’orizzonte.
La scelta della società sicuramente determinerà la necessità di presidiare con maggior attenzione i social da parte di associazioni, fondazioni ed enti filantropici per far recepire agli utenti questo cambiamento.
Le organizzazioni dovranno a loro volta rimettersi in discussione sia pensando in modo più funzionale ed intuitivo moduli di raccolta donazioni e landing page di campagne di raccolta fondi, sia provando a sperimentare. Ad esempio, creando kit per campagne di personal fundraising e pagine personali attivabili per occasioni specifiche. Percorsi meno immediati di uno strumento di raccolta nativo interno ai social, ma più credibile e affidabile.
Il fundraising non è semplicemente una transazione, ma è una relazione che si impoverisce se viene mercificata, come avveniva per le raccolte di Meta. Trasformiamo la scelta di meta nell’opportunità di ripensare il modo con cui facciamo digital e personal fundraising rimettendo il donatore al centro, ripensando la user experience e costruendo una comunità attorno alla nostra buona causa.